Dipendenza affettiva e psicoanalisi

 Come la psicoanalisi spiega il tema della dipendenza affettiva

La psicoanalisi è uno dei primi approcci che ha affrontato il tema della dipendenza affettiva.. Tra i contributi più importanti troviamo quello di Freud che identifica come primo e più importante rapporto di dipendenza affettiva, quello del bambino dalla madre. Freud (1914), ipotizzava che tale rapporto di dipendenza possa influenzare in maniera significativa la personalità umana (come scrive in “Sul narcisismo” e “Lutto e melanconia”).

Il concetto di dipendenza nella psicoanalisi è di fondamentale importanza.  Karl Abraham (1949) ne ha parlato a proposito della genesi della depressione, Melanie Klein (1948) ha approfondito lo studio dei meccanismi di difesa primitivi, coi quali il bambino cerca di riparare le ferite da lui inflitte all’oggetto e in lui prodotte dall’oggetto,  in seguito a tensioni aggressive conseguenti alla carenza della relazione.

Winnicott (1953), ne ha parlato tramite lo studio degli oggetti transizionali e delle sindromi da carenza di questi oggetti, che si dimostrano sostitutivi dell’oggetto originale; Anna Freud (1951), ha studiato e interpretato il comportamento del bambino abbandonato, e infine Bergler (1949), ha dato tale rilievo a questo periodo di dipendenza affettiva, da proporre di rivedere tutti i concetti sulle psicosi e le nevrosi allo scopo di reinterpretare i disturbi della personalità umana sulla linea di una “nevrosi di base”, fondata precisamente sul rapporto di dipendenza del bambino dalla madre.

Da un punto di vista psicanalitico, sia per gli studi che riguardano il normale sviluppo sia nel caso delle evoluzioni delle sindromi derivanti dalla mancanza o dal cattivo rapporto originario di dipendenza affettiva, si può dimostrare che la tale dipendenza  è un bisogno naturale dell’uomo, ed è un processo fondamentale sul quale, attraverso le fasi  di identificazione con l’oggetto amato, si struttura lo sviluppo emotivo e psichico del bambino.

Secondo Carli nel libro “Attaccamento e rapporti di coppia” (1995) che prende in esame il rapporto tra modelli di attaccamento infantili come dagli studi di Bowlby e della Ainsworth  a quelli adulti che portano alla formazione delle coppie, la durata della relazione è condizionata dal tipo  di legame che unisce un partner all’altro e la relazione tra uomo ansioso e donna evitante sembra la meno stabile convalidando l’ipotesi che la donna, e il nodo cruciale del rapporto con il materno, sia la chiave di lettura e il punto  determinante la continuità o la rottura del legame di coppia.

La Adult Attachment Interview distingue in 4 diverse categorie gli stili di attaccamento, da quello dismissing e svalutante a quello invischiato e preoccupato, quello sicuro e infine quello più predittivo di una comportamento affettivo disfunzionale e patologico nella relazione che Main chiama “irrisolto” (unresolved with respect to traumatic attachment events).

La correlazione tra stile di attaccamento infantile e quindi quello dell’adulto è un campo di studio molto interessante e vasto nel quale la ricerca è attivamente condotta e necessaria, a mio modo di vedere e percepire il problema della genesi di disturbi della personalità e di comportamenti patologici nella relazione.

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