La resilienza nel maltrattamento e nell’abuso infantile
La resilienza nel maltrattamento e nell’abuso infantile
Come le risorse del bambino possono aiutarlo ad affrontare e superare i traumi dell’abuso
Marijana Milotic
Molte persone sono esposte alla perdita, ad eventi fortemente stressanti e al trauma. Vivere una di queste esperienze, tuttavia, non sempre porta ad esiti negativi. Alcune persone possono sviluppare schemi di interazione disfunzionali con gli altri e con l’ambiente, altre persone riescono ad avere reazioni positive senza intaccare in grande misura la propria qualità della vita. Come afferma Bonanno (2004), nello studio della resilienza vi è stato inizialmente un problema, ovvero, gli psicologi, che hanno studiato il superamento di un trauma su popolazioni che richiedevano aiuto, hanno descritto come estremamente rare le persone che reagivano positivamente alla perdita e al trauma, talvolta etichettandole come reazioni particolarmente rare o addirittura patologiche.
Come è possibile immaginare, tuttavia, se consideriamo come popolazione della nostra indagine, esclusivamente o quasi esclusivamente, la persona che richiede una consulenza a un clinico, non possiamo che avere una serie di dati riduttivi e in qualche modo distorti. È facilmente immaginabile che non tutte le persone che hanno una perdita, un forte evento traumatico o negativo chiedano aiuto ad un clinico e non considerando nei propri studi questa porzione di popolazione rischiamo di mettere in atto delle deduzioni errate.
La resilienza è un fenomeno che si verifica in modi diversi tra loro e talvolta non previsti e inaspettati. Obiettivo di questo capitolo è quello di riassumere i principali fattori che possono influenzare la resilienza e dunque la risposta alla perdita, all’abuso infantile e al trauma in generale. Quali sono le differenze individuali che possono portare a una migliore reazione agli eventi avversi?
Quando è possibile avere addirittura un rafforzamento delle proprie competenze? È vero che ciò che non uccide “fortifica”?
Una delle spiegazioni al comportamento di maltrattamento dei genitori nei confronti dei figli è chiamato modello bidirezionale ed è stato esposto per la prima volta da Crittenden (1985). In particolare, seguendo una teoria di origine sociale cognitiva, secondo l’autrice è vi è un effetto di interazione bidirezionale nel quale la madre mette in atto comportamenti di maltrattamento e il bambino mette in atto involontariamente comportamenti che mantengono tale situazione.
Diverse altre ricerche, invece, si sono focalizzate sulla definizione dei fattori di vulnerabilità (che facilitano l’insorgenza di esiti negativi successivi l’evento traumatico) e dei fattori protettivi (che diminuiscono la probabilità dell’insorgenza di esiti negativi successivi l’evento traumatico).
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