Psicologia economica: una definizione di Mental accountability e mental budget allocation
Contabilità mentale (mental accountability e mental budget allocation): definizione
Rappresentazione in termini di contabilità mentale
La fase di strutturazione e organizzazione del problema decisionale e il diverso modo in cui le opzioni possono venire presentate incide in maniera determinante anche nei confronti di alternative di scelta che implicano valori più strettamente monetari.
Abbiamo visto infatti, che spesso è proprio il modo in cui a volte strutturiamo un determinato problema ad essere fonte di errori di valutazione.
Uno dei più frequenti è quello che in gergo si chiama mental budget allocation (ripartizione mentale delle voci spesa), che ètalmente radicato che, quando si presenta, giunge ad inficiare unodei dogmi più universalmente accettati del modello di scelta razionale: quello secondo cui la ricchezza è fungibile.Da esso discende che ad influenzare gli acquisti sial’ammontare totale della ricchezza e non l’ammontare, per esempio,di un singolo conto corrente.
Kahneman e Tversky riescono a dare una dimostrazione empirica del contrario. Essi hanno effettuato un esperimento su due gruppi di consumatori. A ciascun gruppo è stato posto un problema.
Problema 1: immaginate di aver già comprato un biglietto per uno spettacolo teatrale al costo di $ 50, e di esservi accorti, poco dopo, di averlo perso.
Paghereste per un altro biglietto?
Problema 2: immaginate di aver deciso di assistere ad uno spettacolo teatrale il cui costo è di $ 50, accorgendovi solo all’arrivo in teatro di aver perduto una banconota di $ 50.
Pagheresti ancora $ 50 per il biglietto?
E’ evidente che i due problemi sono “economicamente” equivalenti, dato che prima di rispondere alla domanda del quesito, la disponibilità finanziaria del soggetto è obiettivamente diminuita di $ 50.
Secondo il modello di comportamento razionale, le forze che condizionano le decisioni di entrambi i gruppi sono le stesse:
perdere un biglietto di ingresso di $ 50 e perdere una banconota da $ 50 dovrebbe avere lo stesso effetto sulle proprie decisioni.
Eppure i risultati empirici dicono il contrario: dopo un buon numero di ripetizioni dell’esperimento si è visto che chi ha perso il biglietto in genere rinuncia ad andare a teatro, mentre la gran parte (88%) di coloro che hanno perso la banconota acquista comunque il biglietto di ingresso.
Kahneman e Tversky danno questa spiegazione: gli individui tendenzialmente organizzano le proprie spese in “conti mentali”, suddivisi in categorie come cibo, spese per la casa, divertimenti, spese generali, etc.
Chi perde un biglietto di ingresso a teatro agisce come se addebitasse comunque la spesa al conto “divertimenti”, mentre chi ha perso una banconota da $ 50, la addebita mentalmente al conto “spese generali”. Per il primo gruppo il prezzo dello spettacolo sale da $ 50 a $ 100, per gli altri rimane invariato.
Il modello di comportamento razionale suggerisce che l’opinione del secondo gruppo sia quella corretta. E se si pone il problema in questi termini, la maggior parte dei soggetti ammette che perdere un biglietto di ingresso non è un motivo migliore dell’aver perso una banconota per rinunciare ad uno spettacolo interessante: in ambedue i casi ci si ritrova più poveri di 50 $ e si deve decidere se spenderne altri 50. La differenza è dovuta solamente ad un “trabocchetto” psicologico chiamato mental budget allocation.
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La nozione di “contabilità mentale” ha avuto il suo peso determinante anche nell’ambito di problematiche economiche come quella concernente la propensione al consumo o al risparmio.
In questo senso, determinante è stato il punto di vista di Thaler.
Consideriamo il seguente caso:
Il sig. e la sig.ra Rossi e il sig. e la sig.ra Bianchi decidono di andare in una zona del nord per fare una giornata di pesca. Pescano qualche salmone che viene impacchettato e spedito a casa in aereo. Ma il pesce durante il tragitto va perduto. Essi sono indennizzati dalla compagnia aerea con 150
euro. Le due coppie prendono i soldi e vanno a cena spendendo 100 euro. Essi non avevano mai speso tanto prima al ristorante.
Le coppie si comportano in quel modo perché hanno posto i 150 euro in due “contabilità mentali” distinte e cioè una relativa ai “guadagni fortunosi” e una relativa al “mangiare”. Quella cena fuori programma, presumibilmente, non sarebbe stata proposta se ogni coppia avesse ricevuto un aumento annuo dello stipendio di 100 euro.
Come è noto, in economia, la propensione al consumo o al risparmio degli individui, può essere spiegata mediante la “teoria del ciclo di vita” che Thaler (1990) così sinteticamente, ma incisivamente, descrive: “… in un certo anno, calcola il valore attuale della tua ricchezza… ipotizza il livello di rendita annua che puoi garantirti con quel denaro; allora consuma la quantità che riceveresti se tu effettivamente disponessi di quella rendita”
Tutte le entrate, quindi su cui un individuo può contare entrano a far parte in maniera indistinta della ricchezza individuale e in base al principio di fungibilità sono tradotte in un numero
unico.
Ai fini della propensione al consumo o al risparmio, in base al principio di fungibilità, la vincita di una somma di 1500 euro ad una qualche lotteria, l’aumento di 1500 euro del valore dei titoli posseduti o un regalo di pari entità da parte di un parente che ha fatto fortuna, dovrebbero avere lo stesso effetto. Perciò la propensione marginale al consumo non dovrebbe essere influenzata dalla fonte di provenienza del denaro.
In realtà la gente spesso si comporta in maniera difforme da quanto prescritto dal principio di fungibilità, per cui i diversi tipi di ricchezza effettivamente possono generare una diversa propensione marginale al consumo.
Thaler ritiene che anche questo fenomeno si debba attribuire al fatto che la famiglia faccia ricorso ad un sistema di “conti mentali”. Così se una famiglia incrementa la propria ricchezza di una certa somma di denaro, sarà più o meno propensa a spenderla o a risparmiarla a secondo che quella somma sia stata assegnata ad uno dei diversi conti mentali.
Ma c’è dell’altro. Come ben sanno oggi gli scienziati cognitivi e gli economisti che studiano i fondamenti psicologici dei processi di negoziazione, tutti noi abbiamo sia una certa resistenza iniziale ad aumentare una cifra da noi già mentalmente destinata ad una certa spesa, sia una certa propensione finale ad investire ancor di più, pur di mettere a frutto un certo investimento specifico, una volta fatto. Siamo restii a far uscire una certa spesa per la prima volta dal bilancio economico mentale generale, ma una volta già destinata la spesa, siamo propensi ad aumentarla più di quanto avremmo mai accettato di fare all’inizio, pur di vederla in qualche modo fruttare. Supponiamo infatti che, nell’esempio del biglietto del teatro, Tizio abbia comprato non uno, ma due biglietti, uno per sé e uno per sua moglie, e ne abbia perduto uno solo. Supponiamo ora che Tizio non muova mai un passo se non accompagnato da sua moglie. In queste circostanze, quanto è probabile ora che Tizio riacquisti il biglietto perduto? Ora diremmo che è più probabile che lo faccia, anzi questa è la situazione in cui la probabilità di riacquisto del biglietto è massima. In questo caso i soldi già spesi e quindi già preventivati per quel capitolo-spesa possono fruttare solo investendone altri.
E’ attraverso meccanismi di questo tipo che individui, ditte e perfino stati sovrani si trovano vincolati ad investire sempre di più in certi capitoli di spesa – capitoli cui, forse non assegnerebbero
nemmeno una moneta se potessero ripartire da zero.
Il calcolo economico si compenetra in queste situazioni, con fattori psicologici che hanno una loro rilevanza sulle decisioni da prendere e un loro, non trascurabile, effetto economico.
Pesa, su queste decisioni la mental budget allocation, e pesa anche, come vedremo, il rammarico (regret) che produrrebbe l’abbandono di investimenti già carichi di una loro storia, carichi di speranze, di delusioni, proiezioni economiche, rischi e precedenti tentativi di recupero.
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