La ruminazione rabbiosa può causare comportamenti violenti

Negli ultimi anni la ruminazione mentale è stata esaminata in riferimento alle sue implicazioni nell’emozione di rabbia. La rabbia è un fenomeno molto comune che viene spesso sperimentata nel corso della vita di tutti i giorni e che quindi si configura come un normale stato emotivo vissuto da ciascun individuo. La rabbia subentra in diverse circostanze; per esempio quando si subisce un danno fisico o psicologico, quando si è soggetti a un’ingiustizia o a un tradimento, o ancora si manifesta in seguito a specifiche valutazioni cognitive o a cambiamenti psicologici, tutte situazioni che possono innescare una tale reazione.

Generalmente le persone sono in grado di fronteggiare e modulare la rabbia in maniera adeguata, la quale tende a scomparire nell’arco di 10-15 minuti; tuttavia vi sono casi in cui gli individui falliscono nel gestire questo stato emotivo che prende il sopravvento e perdura più a lungo in maniera disfunzionale e disadattava (Martino, Caselli, Ruggiero & Sassaroli, 2013). Tale meccanismo prende il nome di ruminazione rabbiosa e si configura come un ricorrente e intenzionale processo cognitivo che emerge in seguito ad un episodio di rabbia.

La ruminazione rabbiosa è considerata come una componente relativamente indipendente inserita all’interno della più ampia categoria dell’emozione di rabbia e proprio perché la rabbia è intesa come uno stato emotivo, la ruminazione può essere definita come una catena di pensieri inerenti l’emozione di rabbia stessa. Tale costrutto è caratterizzato da tre processi fondamentali quali:

  • pensiero ripetitivo rivolto ad esperienze passate che hanno indotto emozioni di rabbia,
  • attenzione focalizzata sulle esperienze d’ira immediata
  • il pensiero controfattuale (Sukhodolsky, Golub & Cromwell, 2001).

Di conseguenza la ruminazione, focalizzando l’attenzione su episodi ed eventi che hanno indotto rabbia, non fa altro che mantenere e incrementare la rabbia stessa, gli affetti negativi e la sofferenza interferendo con il benessere psicologico dell’individuo (Besharat & Pourbohlool, 2012). Pertanto partendo dal presupposto che la ruminazione rabbiosa intensifichi la rabbia stessa, una serie di ricerche hanno indagato il rapporto che intercorre fra la ruminazione rabbiosa e il comportamento aggressivo.

I dati ottenuti dai vari studi hanno rilevato come la ruminazione rabbiosa rappresenti un fattore di rischio dell’aggressività e che quindi il permanere degli stati emotivi di rabbia conduca alla manifestazione di vari comportamenti aggressivi.

In particolare, Anestis e colleghi (2009) hanno tentato di approfondire il ruolo della ruminazione rabbiosa all’interno di quattro differenti dimensioni, quali l’aggressione fisica e verbale, l’ostilità e la rabbia stessa. I risultati ottenuti hanno dimostrato come la ruminazione rabbiosa sia altamente correlata sia con l’aggressività fisica e verbale che con l’ostilità; mentre la relazione fra ruminazione rabbiosa e rabbia non è particolarmente significativa quando si tengono sotto controllo altre importanti covariabili.

Ulteriori autori, invece, hanno evidenziato che gli individui tendono ad adottare comportamenti aggressivi al fine di regolare uno stato d’animo negativo, in quanto ritengono che tale comportamento possa modulare e controllare determinate emozioni. Per quanto concerne gli antecedenti situazionali della ruminazione rabbiosa, vi sono circostanze che hanno maggiore probabilità rispetto ad altre di indurre gli individui a incorrere nel processo ruminativo. Per esempio, è stato evidenziato come un individuo possa iniziare a ruminare quando risulta bloccato o interrotto l’avanzamento e il perseguimento di un determinato obiettivo.

Tuttavia, successivamente, tale ipotesi è stata contestata suggerendo invece che la ruminazione compare quando gli individui percepiscono una discrepanza fra la condizione personale desiderata e quella vissuta. In secondo luogo è stato ipotizzato che la ruminazione ha luogo nel momento in cui una determinata provocazione rievoca sentimenti di rabbia associati a una provocazione passata simile a quella attuale (Denson, 2013). Il fenomeno della ruminazione rabbiosa, inteso come processo cognitivo finalizzato al mantenimento delle emozioni negative di rabbia, può essere distinto in base al contenuto dell’evento che induce rabbia, alla modalità di processamento e in base alla prospettiva dalla quale viene rievocato un determinato evento. Per quanto concerne il contenuto dell’evento, l’individuo può attribuire la causa dell’evento o a fattori esterni o a sé stesso. Nel primo caso la ruminazione facilita la comparsa di comportamenti aggressivi e incrementa l’emozione di rabbia, mentre nel secondo caso, nonostante siano ugualmente intensificati gli stati emotivi di rabbia e l’attività fisiologica, non si giunge alla perdita di controllo sulle azioni.

Rispetto alla modalità di processamento un fenomeno può essere rielaborato o in modo analitico, quindi concentrandosi sulle cause e sugli effetti, oppure in modo esperienziale, prestando peculiare attenzione agli aspetti che lo caratterizzano. Infine è possibile distinguere le reazioni cognitive di fronte a eventi che generano rabbia in base alla prospettiva assunta che può essere autocentrata o decentrata. Una posizione autocentrata tende a sostenere e ad incrementare l’emozione di rabbia, al contrario una posizione decentrata fa sì che si verifichi un distacco emotivo dall’episodio che ha condotto alla rabbia (Martino et al. 2013). Il costrutto della ruminazione rabbiosa è stato indagato in differenti settori, dall’ambito sociale, della personalità, a quello cognitivo, clinico, della salute fino a giungere all’ambito della neuroscienza affettiva. Tuttavia la comunicazione fra tali discipline, finalizzata a favorire una concettualizzazione più completa del costrutto, è praticamente inesistente. Risulta quindi necessario ricorrere a un modello integrativo che consideri i vari aspetti che caratterizzano la dimensione della ruminazione rabbiosa.

A tale fine Denson (2013) ha elaborato un modello di studio della ruminazione rabbiosa che prende in considerazione cinque differenti livelli: il livello cognitivo, neurologico, affettivo, del controllo esecutivo e infine quello comportamentale. Dal punto di vista cognitivo, la ruminazione viene definita come un processo mentale che si verifica in seguito ad un evento o episodio che genera rabbia, la quale è caratterizzata dalle tre differenti caratteristiche precedentemente descritte; per quanto concerne invece la prospettiva neurologica vengono esaminate le aree cerebrali coinvolte nel processo ruminativo stesso, ossia le regioni corticali prefrontali e le strutture subcorticali, e analizzate le variazioni che la ruminazione rabbiosa induce sia a livello della fisiologia periferica che a livello delle risposte cardiovascolari e ormonali. Diversamente, mentre il livello affettivo mette in evidenza come la ruminazione rabbiosa possa influenzare sia l’intensità che la durata dell’emozione di rabbia, il livello del controllo esecutivo suggerisce come uno scarso controllo esecutivo possa rendere difficile ridurre o arrestare la ruminazione rabbiosa e come quest’ultima possa abbassare il controllo esecutivo. Infine vi è l’asse relativo alla manifestazione comportamentale il quale sottolinea il fatto che la ruminazione rabbiosa incrementa l’aggressività, la quale può manifestarsi a seguito di una provocazione, di una critica, o di un giudizio negativo in condizioni sia di sobrietà che di intossicazione.

di Jasmine Dionigi

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