Il campo gruppale nella psicoanalisi moderna

di Maria Gloria Luciani

Il campo gruppale nella psicoanalisi moderna

Sviluppi rispetto alla struttura psicoanalitica tradizionale

Scarta la tua memoria, scarta il tempo futuro del tuo desiderio; dimenticali entrambi in modo da lasciare spazio ad una nuova idea. Forse sta fluttuando nella stanza in cerca di dimora un pensiero, un’idea che nessuno reclama.
Secondo Riolo (presidente della SPI dal 1998 al 2002) il concetto di campo è sorto dall’insufficienza della descrizione degli accadimenti psicoanalitici in termini di semplici processi relazionali e dalla necessità di integrarli in un modello più complesso. Egli sostiene che tale modello sia in grado di spiegare le interazioni tra paziente ed analista, tra conscio ed inconscio, tra mente e corpo, tra interno ed esterno e le trasformazioni del linguaggio e del suo significato .
Questo vuol dire ampliare il punto di vista relazionale ma non include la perdita della prospettiva storica e delle sedimentazioni teoriche che mantengono la profondità e le caratteristiche proprie dell’esperienza psicoanalitica (Riolo, 1994).
Per Riolo quindi, il campo non si risolve esclusivamente sotto l’aspetto relazionale ma anzi, rappresenta tutto ciò che esula dal soggetto e dall’oggetto della relazione (Rugi, Gaburri, 1998). Il campo viene, quindi, a configurarsi come l’insieme dei pensieri non ancora pensati, emergenti dalla situazione piuttosto che dalle menti dei soggetti e la relazione diviene solo una delle funzioni del campo, un’ area intermedia in cui possono prendere vita scene e personaggi.
Tale concezione converge con la teoria bioniana della psicoanalisi come sistema trasformazionale che include tanto le persone quanto le teorie. Bion, in questo scenario, fa da perno rispetto alla nascita di un modello psicoanalitico di campo sfruttando la sua idea di identificazione proiettiva come meccanismo per comunicare le emozioni più primitive in grado di mettere in relazione emotiva più menti tra loro (spazio mentale comune) (Rugi, 1999).
Con Bion, però, la psicoanalisi non era uscita dalla sua peculiare concezione del setting duale secondo cui, nonostante le numerose asserzioni rispetto alla teoria del campo annoverate da lui stesso fino al 1961 (anno della formulazione del concetto di gruppo definitiva in “Experiences in Groups”), il campo era il luogo in cui avvenivano le terapie e non il mezzo.
Solo con Foulkes, contemporaneo di Bion, il pensiero post – psicoanalitico riesce ad aprirsi alla dimensione sociale del mondo familiare considerando quest’ultimo non un fantasma di un mondo interiore sofferente ma come rete di rapporti reali e primari.
Pur riconoscendo il debito nei confronti del pensiero freudiano, Foulkes metteva in risalto l’originalità del proprio pensiero che andava sempre più indirizzandosi verso fronti multipersonali anziché individualistici. L’individuo viene così riconsiderato nella sua natura profondamente e primariamente sociale come il tassello di un puzzle sagomato secondo le esperienze del gruppo primario: la famiglia (Lo Coco, Lo Verso, 2006).
Questi ultimi due autori citati, seppur diversi nel loro approccio psicoanalitico, hanno contribuito al passaggio da una visione che considerava più persone in relazione solo come una pluralità tenuta insieme da un capo, ad una visione che ha valorizzato ogni unità di quell’insieme, che si chiama gruppo (Neri, 2011)

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