Come capire le emozioni mediante l’analisi delle microespressioni facciali
Articolo di Alessandra Errichiello
Nell’ambito della comunicazione non verbale, il sistema cinesico comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi. Tali movimenti implicano la produzione e trasmissione di significati nel corso del processo comunicativo.
La mimica facciale è il sistema semiotico privilegiato, in quanto attraverso i movimenti del volto, si manifestano atteggiamenti interpersonali, stati mentali del soggetto ed esperienze emotive. L’espressività non verbale è stata oggetto di studi fin dal XIX secolo quando Darwin, con il trattato “The Expression of Emotions in Man and Animals”, dimostrò l’universalità delle espressioni facciali, rivendicando la presenza di specifiche emozioni innate, come il prodotto di una funzione biologica adattiva.
Nel corso dei suoi studi, Darwin formulò tre principi: il principio delle abitudini associate; il principio dell’antitesi; il principio degli atti determinati dal sistema nervoso. Il base alle concezioni formulate dell’autore, il comportamento è funzionale e le emozioni agiscono come segnali di preparazione all’azione e comunicano intenzioni, con lo scopo di incrementare la probabilità di sopravvivenza..[1]
I suoi concetti sul carattere innato delle espressioni facciali, furono poi ripresi da Ekman e collaboratori.
Ekman e Friesen (1968) definirono la comunicazione non verbale come “un linguaggio di relazione, basato su sensazioni che sono all’origine delle valutazioni, opinioni, giudizi che gli individui si fanno circa le altre persone”. Secondo gli autori la comunicazione non verbale viene utilizzata quale mezzo primario per per segnalare i mutamenti nello svolgimento delle relazioni interpersonali, è lo strumento principale per comunicare le emozioni ed è un linguaggio simbolico attraverso il quale l’individuo presenta se stesso agli altri.
Secondo la classificazione effettuata da Ekman e Friesen (1968) la comunicazione non verbale si suddivide in: comportamento spaziale (prossemica, aptica, orientamento e postura); comportamento cinesico (movimenti del corpo) e comportamento mimico del volto (sguardo e contatto visivo, espressioni facciali).
Fino alla fine degli anni sessanta, le ricerche si erano orientate prevalentemente sugli aspetti legati al corpo umano ed in particolare sui movimenti del corpo nello spazio, sui gesti, sulla postura o la prossemica mentre gli studi sul volto non avevano ancora portato ad un metodo interpretativo univoco delle espressioni facciali.[2]
Secondo una concezione definita “innatista”, e basata sulle teorie darwiniane, specifiche emozioni innate sarebbero principalmente il prodotto di una funzione biologica adattiva.[3] Tale concezione fu poi ripresa ed ampliata da Izard (1978) nella sua teoria differenziale delle emozioni: le espressioni facciali sarebbero il risultato dell’evoluzione della specie umana e, di conseguenza, avrebbero un carattere “adattivo”. Le emozioni, attraverso l’esecuzione di programmi nervosi innati, producono la configurazione di determinate espressioni facciali e di movimenti corporei.[4] Mentre, secondo la prospettiva “culturalista” l’espressione delle emozioni presenta delle caratteristiche che variano da cultura a cultura, in quanto la comunicazione non verbale sarebbe appresa nel corso dell’infanzia, al pari della lingua. D’altro canto, la prospettiva dell’interdipendenza tra natura e cultura, ha ridimensionato il ruolo della correlazione tra processi biologici ed influenza ambientale: le strutture nervose ed i processi neurofisiologici sono condivisi in maniera universale dalla specie umana, ma sono altresì organizzati in maniera differente secondo le culture di appartenenza.
Agli inizi degli anni 70 lo psicologo statunitense P. Ekman recuperò le tesi di Darwin sull’universalità delle espressioni umane per condurre una ricerca interculturale in diverse forme di civiltà per dimostrare l’esistenza di alcune manifestazioni emotive originali, traversali all’interno di tutta l’umanità e indipendenti dal contesto socioculturale di provenienza. [5]
Secondo la teoria “neuroculturale” di Ekman, esiste un programma specifico per ogni emozione, che assicura l’invariabilità e l’universalità delle espressioni facciali associate a ciascuna emozione. Le differenze in termini di espressioni facciali delle emozioni, sarebbero dovute alle regole di esibizione “display rules” che sono modificazioni indotte dai processi cognitivi,sono culturalmente apprese ed agiscono secondo quattro diverse modalità: intensificazione, attenuazione, inibizione e mascheramento. Quindi vengono attivati importanti processi di “condivisione convenzionale” all’interno di ogni comunità di partecipanti. Le predisposizioni genetiche sono declinate, di volta in volta, secondo procedure distinte che conducono a modelli diversi tra loro. Secondo Ekman, in ogni caso, prevarrebbe la forza del programma nervoso, garantendo una manifestazione e un riconoscimento automatico delle emozioni.[6]
Inoltre, secondo l’ipotesi globale delle espressioni facciali “le configurazioni espressive del volto sono delle gestalt unitarie, universalmente condivise e sostanzialmente fisse, specifiche per ogni emozione e controllate da distinti programmi neuromotori innati”.
Secondo la teoria neuroculturale di Ekman, invece, è possibile individuare più nello specifico due sistemi di analisi: il livello molecolare, che regola l’azione del programma nervoso motorio e dei movimenti distinti dei muscoli che consentono un’elevata mobilità ed espressività del volto, ed il livello molare, che è la configurazione finale che si manifesta nell’assumere una determinata espressione facciale come corrispondente ad una data esperienza emotiva. Tali espressioni sarebbero inoltre mediate da regole di esibizione e modificazione dell’espressione emotiva, essendo dotate di elevata flessibilità e variabilità ed in grado di adattarsi attivamente alle condizioni contingenti della situazione.[7]
Un ulteriore aspetto delle espressioni facciali riguarda i meccanismi che sono alla base della loro produzione. A tal proposito si sono distinte due teorie: l’ipotesi globale e quella dinamica.
Secondo l’ipotesi globale, condivisa dagli stessi Ekman e Izard, le configurazioni espressive del volto sono unitarie, chiuse, universalmente condivise e, di conseguenza, specifiche per ogni emozione. Inoltre, le espressioni andrebbero analizzate sia a livello “molecolare”, come movimenti minimali e distinti dei muscoli facciali, sia a livello “molare”, ossia, come una configurazione risultate dai livelli molecolari ed in grado di manifestare sul volto le emozioni provate.
La teoria dinamica prevede, invece, che ogni espressione facciale sia il risultato di un processo sequenziale e continuativo. Secondo questo approccio, le espressioni facciali sono configurazioni momentanee, flessibili, variabili ed in grado di adattarsi alle varie situazioni.
Un ulteriore distinzione riguarda la trasmissione del significato delle emozioni, ed in tale ambito si distinguono una prospettiva emotiva ed una comunicativa.
Ekman e Izard, sostenitori del primo approccio, affermano che le espressioni facciali hanno un valore emotivo in quanto rappresentano delle risposte immediate, spontanee ed involontarie delle emozioni. Osservando le espressioni facciali risulterebbe quindi possibile “leggere” alcuni segnali espressivi riconducibili alle emozioni che il soggetto sta provando. [8]
Altri studiosi, quali Fridlund, hanno sostenuto la prospettiva comunicativa. Secondo tale approccio,le espressioni facciali variano in funzione del contesto ed hanno un valore prettamente sociale in quanto trasmettono agli altri i propri obiettivi comunicativi. Di conseguenza, avrebbero un valore prevalentemente comunicativo, in quanto manifesterebbero le intenzioni del parlante. Inoltre, tale prospettiva opera una distinzione tra stati interni ed espressioni facciali, spiegando, altresì, la distinzione tra espressioni autentiche e quelle false. In tale prospettiva, assume un ruolo fondamentale il contesto, a seconda del quale andrebbero interpretate le diverse espressioni.
Nei suoi studi sulla differenza tra espressioni spontanee e controllate, Ekman ha evidenziato che le espressioni spontanee attiverebbero aree neuronali differenti rispetto alle espressioni facciali controllate. Di conseguenza risulterebbe possibile discriminare le une dalle altre ponendo attenzione ai micromovimenti del volto. Le prime, inoltre, si esprimerebbero in maniera più veloce rispetto alle seconde.[9]
Sebbene gli studi si siano focalizzati su aspetti diversi delle espressioni facciali, sembrerebbe esserci un pensiero condiviso attorno al carattere universale della comunicazione espressiva delle emozioni. Alcune espressioni di emozioni primarie sembrerebbe essere presenti in tutto il mondo, sebbene le differenze socioculturali possano influenzare la frequenza di manifestazioni di alcune emozioni. Ad esempio, in alcune culture le manifestazioni emotive sarebbero inibite in quanto non socialmente accettate. Infatti, fattori regolatori possono derivare dall’interiorizzazione di regole sociali e dalla conseguente regolazione affettiva.
[1]Ekman P. (1998) “Universality of Emotional Expression? A Personal History of the Dispute, In the Expression of the Emotions in Man and Animals, 3 ed, New York, pp. 363-393
[2]Guarino A.P. (2006) “La comunicazione non verbale nella psicologia giuridica” Youcanprint Edizioni, P.2-3
[3]Ekman P. (2006) “Darwin and Facial Expression. A century of reserach in review.” Malor Paperback Editions P. 11
[4]Dondi M. (2001) “Sviluppo emotivo tra scienze cognitive e psicobiologia”, Giornale italiano di psicologia 2/2001 pp. 253- 282
[5]EKMAN, P. (1998) Universality of Emotional Expression? A Personal History of the Dispute, in The Expression of the Emotions in Man and Animals, 3ª ed., New York, 363-393.
[6]Anolli L. (2006)“Fondamenti di psicologia della comunicazione. Il Mulino. Capitolo V.
[7]Anolli L. (2006) “Fondamenti di psicologia della comunicazione” Il Mulino, Cap. V
[8]Ekman P., Friesen W , (1971) “Constants across cultures in the faces of emotions” Journal of Personality and Social Psychology
[9]Ekman P., Rosenberg E.L. (2005)“What the faces reveales: Basic and Applied Studies of Spontaneus Expression Using the Facial Action Coding System, Second Edition. Oxford University Press
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