coping e resilienza psicologia

Coping e resilienza: caratteristiche spiegate in psicologia

Articolo di Olga Pagano

Ad un primo sguardo delle definizioni di coping e dei modelli proposti, può sembrare che il coping e la resilienza siano in realtà
dei costrutti sostanzialmente simili. In realtà i due costrutti pur avendo molti punti di sovrapposizione, sono da considerarsi distinti e più nello specifico le strategie di coping partecipano al fenomeno della resilienza che è però più vasto (Cyrulnik & Malaguti, 2005).

Nel primo capitolo si è definito la resilienza come la capacità di affrontare eventi stressanti, superarli e continuare a svilupparsi
aumentando le proprie risorse con una conseguente riorganizzazione positiva della vita.

La definizione di coping si basa quindi su tre presupposti. Il primo è relativo alle modalità di resistere agli eventi stressanti e dunque alla capacità di far fronte.

 

Quando si parla di individui resilienti o di reintegrazione resiliente l’evento stressante è affrontato e superato con successo, mentre nell’accezione di coping di Lazarus il coping rimanda solo alla messa in atto di strategie nel tentativo di far fronte all’evento, l’eventualità che le strategie adottate non portino a una risoluzione positiva è quindi contemplata.

Il secondo presupposto fa riferimento alla capacità di continuare a svilupparsi e aumentare le proprie competenze nonostante le condizioni avverse. La visione circolare del modello di Frydenber (Frydenberg, 1997) suggerisce che le capacità di coping possano essere accresciute di volta in volta. Ma un amplificato repertorio di strategie di coping è solo uno degli ambiti di sviluppo ottenibili con una reintegrazione resiliente.

Nella reintegrazione resiliente possono essere infatti potenziante anche l’autostima, l’autoefficacia, ecc.

Infine il terzo presupposto è riconducibile alla riorganizzazione positiva della vita. Questo significa che la resilienza si iscrive in un contesto temporaneamente dilato mentre i comportamenti di coping riguardano le risposte a una certa situazione nel qui e ora (Cyrulnik & Malaguti, 2005). Una serie di studi che collegano la resilienza di tratto al coping, hanno fornito la dimostrazione che le persone resilienti usano l’umorismo, l’esplorazione creativa, il rilassamento e il pensiero ottimistico come strategie di coping (Anthony, 1987; Cohler, 1987; Masten, 1994; Murphy & Moriarty, 1976; Wolin & Wolin, 1993). Uno studio condotto su un campione di donne sottoposte ad aborto, ha dimostrato che quanto più le donne avevano alti livelli di resilienza tanto più il loro coping si avvicinava a uno stile di approach coping e tanto meno manifestavano un avoidance coping (Richards, Cooper, Cozzarelli, Zubek, 1998).

Come vedremo in seguito il tipo di coping adottato da queste donne 52 non era solo collegato all’essere resilienti, ma anche al tipo di appraisal dell’evento aborto fatto prima dell’evento stesso.

Alle stesse conclusioni sono giunti anche una serie di studi che hanno evidenziato come alcune risorse personali quali,
l’autostima, l’ottimismo, l’autoefficacia, la percezione di controllo, caratteristiche tipiche dell’essere resiliente siano correlate all’uso di uno coping attivo (approach) e focalizzato sul problema e non siano correlate invece con il ricorso ad un avoidance coping centrato sulle emozioni (Florian, Mikulincer, & Taubman, 1995; Holahan & Moos, 1986; Schiaffino & Revenson, 1992).

Da quanto presentato fino ad ora sembra emergere l’idea che la resilienza sia fortemente correlata al ricorso a strategie di coping riferibili a uno stile di approach coping, centrato sul problema e sulle emozioni e che questo sia il modo migliore per affrontare e superare, con un ulteriore sviluppo delle proprie risorse, gli eventi di vita stressanti, vale a dire per avere una reintegrazione resiliente.

Esistono però anche studi che hanno dimostrato come la tendenza a spostare la propria attenzione da una situazione negativa (repressive coping), possa promuovere la resilienza a fronte di situazioni estremamente negative (Coifman, Bonanno, Ray, & Gross, 2007).

Il repressive coping utilizza uno stile cognitivo non dissimile dall’avoidance coping differenziandosi da esso per il livello di consapevolezza. Il repressive coping infatti emerge in modo relativamente automatico e non consapevole. Il corpo di ricerche che si è occupato di repressive coping ha messo in luce la sua associazione con tutte quelle situazioni nelle quali è fondamentale per l’individuo preservare la propria immagine di Sé e mantenere bassi livelli di emozioni negative (Derakshan & Eysenck, 1997; Weinberger, 1990; Weinberger & Davidson, 1994).

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