Il campo gruppale e il gruppo

di Maria Gloria Luciani

Il campo gruppale e il gruppo

Il concetto di “campo” è inestricabilmente legato alla teoria della mente estesa per mezzo di un rapporto teorico di causa ed effetto: considerando la qualità estensiva della mente si forma conseguentemente ciò che viene definito “campo” tra due o più persone. Il campo sarà la modalità di funzionamento del gruppo inteso come sistema di soggetti.
Verso la metà del settecento il vocabolo “gruppo” , in senso generico, designava non soltanto un insieme di cose ma anche una riunione di persone. Il più antico significato della parola era “nodo”, ed è rimasto all’interno dell’attuale uso indicando la coesione del gruppo ( Lo Verso, Vinci, 1990). Oggi, però, si afferma che il gruppo non è la semplice somma degli individui che lo compongono ma è un intero, un insieme, un contenitore, un fatto, un fenomeno, un’esperienza (Montecchi, 2010).

Con l’applicazione di tale concetto all’ambito psicoanalitico, il gruppo divenne un processo terapeutico, costituito da un insieme di soggetti, che intendeva promuovere la consapevolezza e l’autonomia degli individui.
Senza lo sviluppo del “gruppo” così inteso di certo non si sarebbe potuto generare “il campo” né in senso teorico né in senso pratico: le dinamiche ed i fenomeni tipici di certe situazioni si sarebbero spiegati ancora per mezzo del setting duale. Quest’ultimo è legato al concetto di “contenitore” ed è costituito dall’ambiente fisico e funzionale, all’interno del quale ha luogo la relazione analitica, dalle regole organizzative e da quelle relazionali. L’espressione “setting” indica l’insieme dei dispositivi necessari affinché possa essere avviato il lavoro analitico e mette in risalto il suo aspetto delimitante che appare, però, riduttivo se applicato a casi di variabile complessità come quelli di gruppo (Neri, 2011).
La nozione di campo bi-personale è stata elaborata con riferimento alla situazione psicoanalitica classica ma estendendola alla comprensione della situazione analitica di gruppo.
Con l’introduzione del concetto di campo, infatti, quest’ultimo fu in un primo momento soltanto uno strumento volto ad agevolare la descrizione di alcuni fenomeni, la cui spiegazione rimaneva sempre legata ad ipotesi relative agli individui. Ci si rese conto, successivamente, che la descrizione del campo che andava ad interporsi tra le persone e le loro pulsioni era di fondamentale importanza infatti, lentamente, finì per occupare un posto direttivo.
Adesso il campo è, per lo psicoterapeuta, reale tanto quanto la sedia su cui siede (Baranger, 1990).
È stata accentuata l’attenzione sul modo in cui i membri del gruppo e l’analista contribuiscono ad alimentare il campo del gruppo e ne sono a loro volta condizionati. Dal punto di vista tecnico, ad esempio, una serie di risposte devono potenzialmente essere presenti e già pronte nella situazione condivisa del campo multi-personale per evitare che il comportamento di uno dei partecipanti del gruppo richieda un brusco intervento del terapeuta (Neri, 2011).
Il campo emotivo che viene a crearsi nel momento in cui si costituisce un gruppo (ma anche all’interno di un setting duale) prende le distanze dalle dinamiche delle folle: gruppi disorganizzati.
I gruppi di cui si tratterà tramite questo elaborato sono quelli organizzati, quelli che offrono un aiuto ed in cui le tendenze degradanti sono controllate, quei gruppi per la cui esistenza sono necessarie nelle menti dei membri: le tradizioni, i costumi e le abitudini che determinano le relazioni e fanno in modo di considerare il gruppo come un tutto (Cruciani, 1983).

Per definirsi “gruppo”, così come lo si intende in questo contesto, non basta parlare di in insieme di persone che si trovano in uno stesso luogo e generano discussioni di vario tipo ma è necessario che abbia dei fattori terapeutici quali: coesione, rispecchiamento, universalità, risonanza, speranza, altruismo e che sia uno strumento di ristrutturazione mentale e di trasformazione della realtà (Di Maria, Lo Verso, 2002).
Il campo del gruppo è, infatti, anche il risultato dell’apporto del campo storico e quindi di un deposito di relazioni affettive, vicende ideative, rappresentative ed emozionali. Questo accumulo di meccanismi storico-psico-emotivi arricchisce la vita del gruppo e ne costituisce la memoria (Neri, 2011); ecco perché “campo” e “gruppo” sono due vocaboli che difficilmente si riesce a scindere in questo ambito.
Effettivamente, l’insieme di soggettività in relazione dinamica che costituiscono il gruppo custodiscono in sé quello spazio relazionale, mentale ed esperienziale senza il quale il gruppo come strumento di interazione sociale non sarebbe tale. Tale spazio è il campo gruppale, luogo di attualizzazioni semantiche e rappresentazionali in continua evoluzione, che si modifica a seconda di come interagiscono le menti degli individui hic et nunc (Di Maria, Lo Verso, 2002).
A tal proposito McDougall considerava la “mente di gruppo” come una particolare realtà gruppale e relazionale; un sistema che non è compreso all’interno della mente di nessun individuo, ma che piuttosto è costituito dal sistema di relazioni che si ottengono tra le menti individuali che le compongono (McDougall, 1927).
Alla luce di quanto esposto si può dedurre che il gruppo, come affermava Bauleo, permette di far comprendere ad ogni suo membro ciò che non è stato detto, i sentimenti contrastati, ciò che non è stato elaborato ed i dolori incistati, attraverso l’offerta di un maggior numero di processi di transfert rispetto al setting duale (von Salis, 2009). Il formarsi di una mente di gruppo ed il circolare fluido dei pensieri e delle emozioni produce, infatti, un risultato che supera abbondantemente la mera somma dei vissuti individuali.

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