La resilienza e la gestione dello stress nei contesti di lavoro
Nel lavoro si trovano alcune delle principali fonti di stress, sia positivo che negativo. La maggior parte degli esseri umani sono impegnati per molte ore della loro vita in un’attività lavorativa e si possono immaginare le conseguenze dannose che un malessere generato in questo lungo periodo potrebbe creare sul loro stato di salute.
Una situazione stressante sul lavoro si ripercuote in modo negativo sulla qualità della vita complessivamente intesa e i suoi effetti non terminano con le ore del lavoro ma colpiscono anche prima e dopo: il passaggio dall’ambiente di lavoro a quello privato e viceversa comporta frequentemente un trasferimento di residui emozionali negativi in contesti non appropriati, con il rischio di sovraccaricare la capacità individuale di gestire sia le competenze lavorative che quelle private.
Il tema dello stress è di particolare importanza per la salute delle persone, se ritieni di vivere a lavoro una condizione di stress incessante confrontati con uno psicologo per poter trovare soluzioni di buona risposta allo stress.
Tra gli obiettivi che la psicologia si pone, vi è la promozione e la tutela del benessere delle persone. Come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della sanità nel 1946 “La salute non è la semplice assenza di malattia ma lo stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale”.
“Come poter intervenire sullo stress lavorativo avvalendosi degli strumenti della psicologia positiva?” Una possibilità è agendo sulla resilienza, ovvero la capacità di far fronte in maniera positiva alle difficoltà coltivando le risorse che sono dentro di noi.
Annalisa De Filippo, dopo aver inquadrato il concetto di resilienza e di stress con particolare riferimento al contesto lavorativo e alla sua doppia natura (stress positivo, stress negativo) trova, con questo volume, una risposta a questa importante domanda.
La letteratura in materia di stress in ambito lavorativo costituisce uno dei filoni di indagine più consistenti ed articolati della psicologia della salute nei contesti di lavoro.
Essa comprende l’indagine relativa al potenziale nocivo degli stimoli ambientali e psicosociali, ai processi di coping mediante i quali le persone fanno fronte agli stressors,e alla vasta gamma di sintomatologie che occorrono quando i processi di coping falliscono.
Nonostante la presenza di un solido impianto teorico di riferimento e il consistente impegno profuso ormai da molti anni dalle organizzazioni nazionali ed internazionali nel tentativo di debellare o quantomeno di contenere il danno da stress in ambito lavorativo, il fenomeno continua infatti a mantenersi su livelli di emergenza. In base alla più recente indagine sulle condizioni di lavoro nell’UE, promossa dalla Fondazione Europea per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro, lo stress lavorativo risulta essere la condizione maggiormente percepita in associazione con il deterioramento della salute dal 30% dei lavoratori dei 21500 lavoratori intervistati,con maggiore prevalenza tra i colletti bianchi (36%) rispetto ai lavoratori manuali (23%).
Resistere allo stress è difficile; ancor più arduo pare riuscire a dominare il fenomeno nella pratica degli interventi di salvaguardia della salute dei lavoratori,prova ne è la recente pubblicazione del Documento di Consenso prodotto dalla SIMLII sulla “Valutazione, prevenzione e correzione degli effetti dello stress da lavoro”.
Da alcuni anni, nell’ambito dell’attività di ricerca e intervento collegata all’Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavorativo, si sta conducendo un’attività di ricerca orientata all’indagine dei fattori di resilienza.
L’indagine ha come obiettivo generale la validazione di strumenti teorici e operativi nell’ambito della realtà delle organizzazioni di lavoro italiane.
Le indagini sono state sviluppate con l’intento di verificare da un lato la valenza protettiva del costrutto nei confronti dello sviluppo di sintomi stress-correlati e, dall’altro, di verificare la valenza più squisitamente promozionale di alcuni indici di benessere lavorativo e psicologico.
I dati sono stati raccolti in contesti naturali e coinvolgono due categorie di partecipanti: lavoratori attivi,coinvolti in indagini di clima organizzativo o in interventi di formazione, lavoratori in malattia, nella prevalenza a seguito di patologie del sistema cardio-vascolare, coinvolti in percorsi di riabilitazione o in attesa di una valutazione ai fini del reinserimento lavorativo. In totale circa 1660 lavoratori.
I contesti organizzativi e i contenuti del lavoro considerati sono molteplici:aziende pubbliche e private,professioni d’aiuto e impiegatizie, ad alto e basso rischio stress.
I dati raccolti,nel loro insieme,confermano la duplice valenza protettiva e promozionale della dimensione di senso .
In particolare, con riferimento alle popolazioni di lavoratori attivi, i modelli di regressione applicati hanno costantemente evidenziato un effetto significativo diretto del SOC (valori compresi tra β –.31 e β –.42) sul livello di GHQ (valori compresi rispettivamente tra R2.10 e R2.24).
L’effetto del SOC come predittore dei livelli di distress è sempre esclusivo, in relazione alle variabili ecologiche controllate nel modello.
I principali modelli di riferimento sullo stress lavorativo ripropongono le due facce dello stress. Uno tra tutti,il modello Domanda-Controllo,specularmente alla direttrice dello ‘strain’, prevede la direttrice del ‘learning’,dell’apprendimento.
La ricerca e l’intervento si sono però quasi esclusivamente focalizzati sui fattori di strain, con l’obiettivo di aumentare il controllo dei lavoratori. La possibilità di conoscere e implementare il versante ‘attivo’ del lavoro è stata invece per lungo tempo ignorata.
Il potenziale nocivo insito nel fenomeno stress ha di fatto catalizzato l’attenzione della ricerca orientando di conseguenza lo sviluppo di modelli di intervento in materia di gestione dello stress e di prevenzione del rischio.
Il modello di riferimento in assoluto più diffuso in questo ambito,tanto a livello teorico quanto nella pratica della medicina del lavoro, è il modello Domanda-Controllo,originariamente formulato da Karasek poi successivamente sviluppato insieme a Theorell . Nella sua valenza applicativa il modello propone interventi di job-design,finalizzati a ridurre la domanda – il carico psicologico e fisico del lavoro – e ad aumentare il controllo del lavoratore. Si tratta di interventi complessi da realizzare, che richiedono una struttura organizzativa capace di implementarli e di sostenerne i relativi costi.
Le caratteristiche dell’ambiente di vita e la qualità delle relazioni sociali sono un punto di riferimento fondamentale in questo ambito di indagine. Il costrutto principale in questo ambito di indagine è quello di supporto sociale. Complessivamente,il supporto sociale, risulta essere positivamente correlato con la resistenza allo stress,con un miglior adattamento psicologico ma anche con diversi parametri di natura fisiologica. Diversi studi hanno evidenziato in modo particolare il ruolo protettivo della dimensione di supporto sociale nei confronti del rischio cardiovascolare, verificato anche in studi epidemiologici con follow up. In letteratura è ormai reperibile molta documentazione circa la valenza salutogenica del costrutto.
Da alcuni anni, nell’ambito dell’attività di ricerca e intervento collegata all’Ambulatorio per la Valutazione e il Controllo dello Stress Lavorativo, stanno conducendo un’attività di ricerca orientata all’indagine dei fattori di resilienza. L’indagine ha come obiettivo generale la validazione di strumenti teorici e operativi nell’ambito della realtà delle organizzazioni di lavoro italiane. Le indagini sono state sviluppate con l’intento di verificare da un lato la valenza protettiva del costrutto nei confronti dello sviluppo di sintomi stress-correlati e, dall’altro,di verificare la valenza più squisitamente promozionale di alcuni indici di benessere lavorativo e psicologico.I contesti organizzativi e i contenuti del lavoro considerati sono molteplici: aziende pubbliche e private, professioni d’aiuto e impiegatizie, ad alto e basso rischio stress.
Per la rilevazione della variabile di senso è stato prevalentemente utilizzato il Sense of Coherence Questionnaire (SOC-13/29 items), nell’adattamento italiano dell’originale questionario costruito ad hoc per la rilevazione del costrutto. Nella maggior parte dei casi è stato somministrato il General Health Questionnaire (GHQ-12 items) una misura di autopercezione del distress psicologico minore,di cui è disponibile la validazione sulla popolazione italiana. In altri casi sono stati invece considerati i punteggi di elevazione delle scale dello MMPI-2. Ad oggi lo strumento più utilizzato è il questionario di misura di Psychological Well-Being (PWB-18 items) una delle misure più accreditate a livello internazionale per la rilevazione del funzionamento psicologico ‘ottimale’.
I dati raccolti, nel loro insieme, confermano la duplice valenza protettiva e promozionale della dimensione di senso. In un’indagine condotta sulla popolazione di impiegati (N=210) di un comune dell’hinterland milanese, i dati hanno rilevato il valore esclusivo del SOC (β .58) come predittore dei livelli di PWB (R2 .34). In altre indagini i valori di PWB rilevati vengono invece spiegati dall’effetto congiunto del SOC con altri indicatori di resilienza considerati, tra i quali si è rivelato particolarmente efficace il Self-Empowerment, un costrutto in precedenza non menzionato in quanto ancora poco diffuso nella letteratura internazionale.
I modelli di intervento, in primo luogo, fanno ancora ampiamente riferimento alla tradizione dello ‘stress management intervention’, prioritariamente focalizzati sulla riduzione della tensione percepita o della richiesta effettiva,piuttosto che sul potenziamento delle risorse disponibili. Non mancano però contributi di apertura verso modelli più squisitamente promozionali,con specifico riferimento all’intervento nelle organizzazioni di lavoro. Le maggiori carenze riguardano forse gli strumenti operativi. Con riferimento alle pratiche di valutazione delle condizioni di salute, gli strumenti di misura citati in precedenza sono stati in prevalenza generati con finalità di ricerca speculativa e non sempre quindi presentano un format idoneo all’applicazione in contesti d’intervento. Sul versante delle indagini dirette alla valutazione del rischio, la messa a punto di nuovi modelli di rilevazione è forse più rallentata. Gheno introduce la categoria delle ‘survey di benessere in azienda’ che in questo caso allarga il paradigma tradizionale della valutazione del rischio dalla rilevazione della presenza di predittori di malessere alla rilevazione dell’assenza di predittori di benessere. Occorre comunque incentivare un maggior raccordo tra le esperienze pratiche e quelle di ricerca al fine di procedere più speditamente nella validazione di strumenti e modelli di intervento. D’altro canto l’attività lavorativa costituisce in qualche misura il paradigma della vita, sempre impegnata nel processo di crescita e di riproduzione.
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