Come riconoscere l’abuso in infanzia: sessuale, fisico, emotivo, chimico

In questo articolo puoi scoprire alcuni dettagli su come riconoscere un abuso in infanzia. La prima cosa da sapere, prima di vedere la lista degli indicatori è che la letteratura scientifica di riferimento è ampia e vasta. Non sempre è possibile parlare di una vera e propria lista degli indicatori. Occorre leggere gli indicatori con cautela. Consulta sempre un professionista adeguato per contrastare meglio il fenomeno. Questo articolo è parte del progetto Erasmus+ “Child Safety Matters!” capeggiato dall’Ispettorato Scolastico di Deva.

L’abuso infantile 

La definizione clinica di abuso infantile, noto anche come maltrattamento infantile, fa riferimento a una serie di comportamenti violenti, abusivi o negligenti perpetrati ai danni dei minori da parte di adulti o di altri minori di età superiore. Questi abusi possono manifestarsi sotto forma di violenze fisiche, abusi sessuali, abusi emotivi o psicologici, nonché negligenza. La definizione di abuso infantile è stata elaborata al fine di identificare e fornire una classificazione alle diverse forme di violenza possibili. 

Nonostante queste forme di abuso possano presentare caratteristiche distintive, spesso coesistono e hanno ripercussioni negative, a volte anche a lungo termine, sul benessere e lo sviluppo dei bambini. Difatti, è impossibile pensare a una violenza fisica nei confronti di un bambino che non rappresenti anche una forma di violenza psicologica, mentre l’abuso psicologico è spesso accompagnato da atti di maltrattamento. 

Per poter sviluppare interventi adeguati e proteggere i bambini da ulteriori danni, è necessario disporre di una vasta letteratura e di una definizione chiara e, per quanto possibile, condivisa da numerose parti interessate.

Le definizioni cliniche dell’abuso infantile sono spesso stabilite da organizzazioni e autorità sanitarie, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nonché dalle leggi nazionali e internazionali (Guidetti, 2016). Tuttavia, è importante considerare che il contesto socioculturale rappresenta un limite in questo ambito, in quanto tali definizioni sottolineano che tali comportamenti sono eccessivi rispetto a ciò che è culturalmente accettato. 

Per quanto concerne la definizione, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, quinta edizione (DSM-5, APA 2013), classifica l’abuso e il maltrattamento all’interno del capitolo relativo ad Altre condizioni che richiedono attenzione clinica (Guidetti, 2016). Tale definizione fa dunque riferimento alla presenza di violenza perpetrata da un individuo più potente nei confronti di uno più vulnerabile, che, a causa della sua immaturità fisica o psicologica o delle differenze di ruolo, si trova nell’incapacità di difendersi ed è dipendente dal punto di vista fisico e/o psicologico.

Vedi qui la presentazione del progetto Erasmus+ “Child Safety Matters” tenuta a Roma con Igor Vitale in cooperazione con Romania, Portogallo, Turchia, Croazia, Polonia e Macedonia del Nord.

I maltrattamenti sui minori possono essere distinti come segue: 

  1. Maltrattamento fisico
  2. Maltrattamento psicologico
  3. Abuso sessuale
  4. Patologia delle cure: incluse discuria, incuria e ipercura (come la sindrome di Münchausen per procura).

Al fine di esaminare in modo esauriente tale argomento, verranno ora approfonditi singolarmente questi tipi di abuso, con particolare enfasi sul riconoscimento dei segni di tali forme di violenza. Infatti, per poter pianificare un intervento efficace è fondamentale individuare gli indicatori caratteristici di tali abusi. Spesso, i bambini che subiscono abusi non riferiscono apertamente le loro esperienze a causa di sentimenti di vergogna e colpa, o persino perché sono troppo giovani per comprendere appieno ciò che sta loro accadendo. Tuttavia, questi segnali possono essere individuati dagli insegnanti e dal personale scolastico, i quali possono così segnalare l’abuso e intraprendere le azioni necessarie per salvaguardare e aiutare il bambino. 

Il maltrattamento fisico 

Partendo dal maltrattamento fisico, esso si configura quando sono presenti lesioni fisiche risultanti da aggressioni fisiche, maltrattamenti, punizioni corporali o violazioni gravi dell’integrità fisica e della vita. Per quanto concerne i dati epidemiologici, secondo uno studio di metanalisi condotto da Stoltenborgh et al. nel 2013, il 22,6% della popolazione mondiale avrebbe subito violenza fisica durante l’infanzia. Dal punto di vista clinico, si possono individuare lesioni che sono difficilmente spiegabili da eventi accidentali. Tali lesioni possono comprendere fratture ossee, morsi, bruciature o ustioni multiple e ripetute, lividi in zone che normalmente non sono soggette a incidenti, lesioni da torsione o strappamento e ematomi. Tali segni possono suscitare sospetti di maltrattamento fisico e richiedono un’accurata valutazione e indagine al fine di determinare la causa sottostante delle lesioni. 

Gli indicatori di rischio associati al maltrattamento fisico comprendono i seguenti elementi: 

  • Uno stato di salute generale compromesso; 
  • La presenza di un numero sproporzionato di lesioni, verificate in tempi diversi e che si trovano in diversi stadi di guarigione;
  • Un ritardo significativo tra l’evento traumatico e la visita in ospedale (mancanza di tempestività nella richiesta di aiuto);
  • L’esitazione, l’incoerenza o le contraddizioni da parte dei genitori nell’offrire informazioni sul recente trauma, nonché le discrepanze tra i segni clinici presentati dal bambino (e.g., tipo di ferita) e la versione fornita dai genitori;
  • Reazioni emotive inadeguate da parte dei genitori rispetto alla gravità delle lesioni.

Più nello specifico, i lividi, scientificamente conosciuti come ecchimosi, sembrano essere il segno più comune nei bambini di tutte le età vittime di violenza fisica (Maguire, 2008). Di conseguenza, essi offrono l’opportunità di intervenire per proteggere il bambino da ulteriori maltrattamenti. Secondo Maguire (2008), tra i bambini che arrivano in Pronto Soccorso o in centri per traumi, si stima che tra il 7% e il 30% presenti una lesione da abuso fisico, con le cifre più elevate provenienti dagli ospedali pediatrici.

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Abbiamo condotto un progetto Erasmus+ per combattere l’abuso in infanzia. Il progetto “Child Safety Matters” è stato applicato in un contesto dove prevenzione ed educazione sono al primo posto: la scuola.

La prevalenza più elevata di abusi si riscontra nei bambini più piccoli

Fino al 40% dei traumi nei bambini di età inferiore ai 4 anni può essere attribuibile all’abuso, mentre scende al di sotto del 10% per i ragazzi di età compresa tra i 10 e i 14 anni.

Altri segnali di natura fisica, oltre ai lividi, possono essere: graffi, ustioni e fratture o lesioni inspiegate. 

Inoltre, i bambini vittime di maltrattamento fisico possono manifestare ulteriori sintomi aspecifici che, sebbene non siano una prova definitiva di abuso, possono rappresentare dei segnali di allarme che indicano la necessità di condurre ulteriori indagini. I sintomi aspecifici possono includere cambiamenti comportamentali come ansia, pianto frequente, isolamento sociale, comportamenti autolesionistici, difficoltà di concentrazione e regressione comportamentale, che consiste nel ritorno a comportamenti tipici di fasi precedenti dello sviluppo.

Indicatori di violenza fisica nei bambini

In aggiunta agli indicatori sopraelencati, secondo la letteratura scientifica ulteriori sintomi aspecifici nel caso del bambino vittima di violenza fisica sono: relazioni oggettuali e schemi di attaccamento disturbati; comportamenti aggressivi, distruttivi o autodistruttivi; disturbi della condotta; fallimenti scolastici o cadute del rendimento scolastico; uso di sostanze psicotrope; comportamento passivo, compiacente e remissivo (Guidetti, 2016). 

È importante sottolineare nuovamente che questi sintomi o segni, da soli, non sono indicativi di abuso, ma devono essere valutati come segnali d’allarme da tenere in considerazione. Nel caso sorgessero sospetti di abuso o maltrattamento, è fondamentale segnalare e consultare professionisti esperti nel campo dell’infanzia al fine di ottenere una valutazione affidabile e precisa, nonché un intervento appropriato. 

Il maltrattamento psicologico 

Il maltrattamento psicologico si caratterizza invece per una relazione emotiva in cui si verificano pressioni psicologiche ripetute e continue, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, denigrazione e svalutazioni che danneggiano o inibiscono lo sviluppo delle competenze cognitive ed emotive fondamentali come l’intelligenza, la percezione e la memoria. 

Gli indicatori familiari del maltrattamento psicologico includono la denigrazione del bambino, l’espressione di ostilità, la sistematica minimizzazione o biasimo, l’attribuzione al bambino della responsabilità dei disagi che si verificano, le minacce di gravi punizioni, la fornitura di cure e affetto condizionati alle esigenze dei genitori, l’indifferenza e la mancanza di disponibilità emotiva, la mancanza di riconoscimento e rispetto dell’individualità del bambino, l’atteggiamento iperprotettivo e l’omissione di offrire opportunità di apprendimento cognitivo ed emotivo adeguate all’età del bambino. 

Inoltre, gli indicatori di rischio associati al maltrattamento psicologico possono variare a seconda del contesto e delle specificità di ciascun bambino

Ma ci sono alcune segnalazioni comuni che possono sollevare sospetti su una situazione di abuso psicologico.

Difatti, il comportamento di un bambino rappresenta una manifestazione esterna della sua stabilità interiore e della sicurezza, e il vissuto di un abuso psicologico infantile può causare alterazioni di tale comportamento, nonché disturbi nello sviluppo psicologico (Odhayani & Watson, 2013). 

Nello specifico, i bambini che vivono tali forme di abuso possono manifestare una sintomatologia reattiva-iperalertica, caratterizzata da una forte agitazione o uno stato di iperattivazione, ad esempio instabilità psicomotoria, ostilità e opposizione. Altri bambini, invece, possono mostrare una tendenza opposta, con una sintomatologia depressiva, come una riduzione delle performance scolastiche, isolamento sociale, tristezza e bassa autostima (Guidetti, 2016). Inoltre, l’abuso emotivo di un bambino può aumentare il rischio di pensieri suicidari e fenomeni di autolesionismo, nonché problemi nel formare relazioni sane (NSPCC, 2023). 

Anche in questo caso, i bambini vittime di maltrattamento psicologico possono manifestare i medesimi sintomi aspecifici riportati nella sezione dedicata al maltrattamento fisico: ansia, pianto frequente, isolamento sociale, comportamenti autolesionistici, difficoltà di concentrazione e  regressione comportamentale. Nuovamente, riteniamo opportuno sottolineare che questi sintomi o segni, da soli, non sono indicativi di abuso, ma devono essere valutati come segnali d’allarme. 

L’abuso sessuale 

Per quanto concerne invece l’abuso sessuale, esso può essere definito come qualsiasi atto sessuale, sia fisico che non fisico, in cui una delle persone coinvolte non è in grado di dare il proprio consenso (a causa dell’età, dell’incapacità di intendere e volere, o a causa di minacce o ricatti). Secondo Finkelhor (1994), l’abuso sessuale può essere suddiviso in forme con contatto fisico e forme senza contatto: 

  • Con contatto fisico: comprende forme lievi di seduzione, abuso sessuale mascherato e azioni erotiche gravi e manifeste. 
  • Senza contatto fisico: comprende il voyeurismo, l’utilizzo di immagini pornografiche e l’esibizionismo.

Più specificamente, le definizioni di Finkelhor del 1994 riguardo alle diverse forme di abuso sessuale sono le seguenti: 

  • Seduzione blanda: comportamenti non forzati che coinvolgono manipolazione e persuasione. 
  • Abuso sessuale mascherato: comportamenti sessuali che non implicano un contatto diretto con il corpo della vittima, come lo sfruttamento del bambino per la produzione di materiale pornografico.
  • Gravi azioni erotiche manifeste: comportamenti sessuali che coinvolgono un contatto fisico diretto e che possono causare gravi danni fisici e psicologici alla vittima.
  • Voyeurismo: osservazione segreta o nascosta di atti sessuali altrui senza il loro consenso.
  • Immagini pornografiche: utilizzo o diffusione di materiale visivo che rappresenta atti sessuali espliciti.
  • Esibizionismo: esposizione volontaria dei propri organi sessuali in pubblico senza il consenso degli altri.

Solitamente l’abuso sessuale si verifica solitamente tra persone con una significativa differenza di età tra l’abusato e l’abusatore, il che implica un diverso grado di maturità. Nel caso dei bambini vittime di abuso sessuale, solitamente l’abusatore ha una posizione di autorità o è una figura di cura, il che crea un maggior senso di timore. In queste dinamiche si riscontrano spesso minacce, inganni e ricatti affettivi nei confronti del bambino. A causa della loro immaturità, tali bambini non riescono ancora a comprendere appieno le attività sessuali compiute dall’abusatore e non hanno una piena consapevolezza al riguardo. Tra gli abusi sessuali rientrano diversi tipi di eventi, come gli episodi di pedofilia, gli stupri, i casi di incesto e lo sfruttamento sessuale (Guidetti, 2016). 

L’abuso sessuale può manifestarsi in forma intrafamiliare, che viene comunemente definita “incesto”, oppure in forma extrafamiliare.

Nel caso dell’abuso intrafamiliare, l’abusatore è un membro della famiglia e può coinvolgere sia maschi che femmine. Nel caso dell’abuso extrafamiliare, l’abusatore è uno sconosciuto e l’atto può coinvolgere sia maschi che femmine. Vi è anche una terza situazione, in cui l’abuso è di natura istituzionale. In tali casi, l’abusatore può essere un insegnante, un bidello, un educatore o un allenatore. Gli abusi sessuali possono avvenire per  strada, ad opera di sconosciuti, a fini di lucro, oppure essere perpetrati da gruppi organizzati, come ad esempio le sette (Guidetti, 2016). 

Per quanto concerne i dati epidemiologici, in uno studio condotto da Stoltenborgh et al. nel 2011, considerando un campione di oltre 9 milioni di persone reclutate tra il 1980 e il 2008, è stata stimata una prevalenza mondiale del 18% tra le femmine e del 7,6% tra i maschi per quanto riguarda l’abuso sessuale infantile (come citato in Guidetti, 2016). 

La ricerca sull’abuso sessuale assume un’importanza significativa a causa degli effetti gravi e duraturi che sono stati osservati.

Le conseguenze a breve termine includono sintomi fisici, sintomi psicologici e comportamentali. Le conseguenze psicologiche a lungo termine dell’abuso sessuale, invece, includono:

Le vittime di abuso spesso attribuiscono a se stesse la responsabilità di quanto è accaduto, presentano problemi nelle relazioni con i propri figli e difficoltà nel controllo dei propri pensieri. Browne e Finkelhor (1985; 1988; 1990), ad esempio, identificano quattro sentimenti che permeano la psiche dei minori vittime di abuso sessuale: l’impotenza, il tradimento, una sessualizzazione traumatica e la stigmatizzazione. 

Gli indicatori di rischio associati all’abuso sessuale

Volendo fornire una lista specifica degli indicatori di rischio associati all’abuso sessuale, nel 1985 la prestigiosa rivista Journal of the American Medical Association (JAMA, 1985) stilò una lista di indicatori comportamentali per sospetta violenza sessuale ampiamente diffuse nella letteratura scientifica. Tuttavia, la difficoltà nell’interpretazione di tali indicatori risiede nel fatto che i comportamenti problematici considerati segni di abuso sessuale sono in realtà segni generali di stress nei bambini. Pertanto, utilizzare questa lista senza adeguate cautele e informazioni sulle loro limitazioni può generare confusione ed errori (Legrand, Wakefield & Underwager, 1989). Tale lista include: 

  1. Manifestare ritiro eccessivo 
  2. Mostrare relazioni povere con i coetanei
  3. Sperimentare una scarsa autostima
  4. Sembrare spaventato o fobico, specialmente nei confronti degli adulti
  5. Sperimentare una deteriorata immagine del proprio corpo
  6. Esprimere sentimenti generali di vergogna o colpa
  7. Mostrare un improvviso deterioramento delle performance scolastiche
  8. Tentare il suicidio
  9. Manifestare comportamenti regressivi
  10. Manifestare enuresi e/o encopresi
  11. Coinvolgersi in giochi ad alto contenuto sessualizzato

Patologie delle cure 

John Bowlby, psichiatra, psicologo e psicanalista, noto come padre della Teoria dell’Attaccamento, sostenne l’importanza delle relazioni affettive e dei legami stretti tra gli esseri umani. Secondo Bowlby, questo bisogno si manifesta soprattutto nei bambini attraverso la ricerca di figure 

genitoriali o caregiver e il desiderio di amore e sicurezza. Bowlby considerava fondamentale per lo sviluppo sociale ed emotivo del bambino la presenza di relazioni affettive significative, in particolare quella madre-figlio. Tuttavia, se i genitori non rispondono in modo adeguato alle esigenze di interazione sociale dei loro figli, non saranno in grado di soddisfare i bisogni del bambino durante questa fase cruciale di crescita.

È in questo contesto che si inseriscono le patologie delle cure, condizioni in cui i genitori o i caregiver non forniscono in maniera appropriata le cure fisiche e psicologiche necessarie al bambino, in relazione al suo stadio di sviluppo e all’età. Poiché le cure sono inadeguate, ciò può avere ripercussioni significative sullo sviluppo del bambino e su molteplici aspetti, come la salute, la qualità della vita, la nutrizione, lo sviluppo affettivo, l’igiene e l’educazione. Le patologie delle cure si riferiscono a situazioni in cui vi è una mancanza di cure adeguate da parte dei genitori o dei tutori, che non soddisfano adeguatamente i bisogni psicofisici del bambino in relazione alla sua età e al suo sviluppo. 

Le patologie delle cure si articolano in tre forme predominanti: 

  •  Incuria: si verifica quando le cure fisiche e psicologiche fornite al bambino sono insufficienti rispetto alle sue effettive necessità. 
  • Discuria: si manifesta quando le cure fornite sono distorte e/o inadeguate rispetto alle reali necessità del bambino.
  • Ipercura: si verifica quando le cure somministrate sono eccessive e sproporzionate rispetto alle effettive necessità del bambino. (Nuzzolese & Lungo, 2021, pp. 59).

Discuria

La discuria si manifesta attraverso la somministrazione di cure inadeguate rispetto alla fase di sviluppo del bambino. Questo concetto può essere evidenziato in due modalità: da un lato, si riscontra una mancanza di supervisione delle attività, delle amicizie e dei comportamenti di un bambino piccolo; dall’altro lato, si osserva un atteggiamento di iperprotezione e restrizione dell’autonomia da parte del genitore (Guidetti, 2016).

Nel primo caso, la mancanza di vigilanza espone il bambino a numerosi rischi e situazioni pericolose. Nel secondo caso, un’eccessiva iperprotezione limita lo sviluppo normale dell’autonomia e delle competenze del bambino, impedendogli di esplorare il mondo come farebbe un bambino che ha un rapporto sano con il caregiver. Questa forma di discuria può impedire al bambino di acquisire le adeguate abilità sociali, emotive e cognitive, poiché il genitore sovrapprotegge il bambino e gli nega l’opportunità di affrontare sfide adeguate alla sua età.

Ciò può ostacolare la crescita e l’indipendenza del bambino.

È fondamentale che i genitori creino un ambiente sicuro, ma anche adatto al livello di sviluppo del bambino, promuovendo un equilibrio sano tra supervisione e incoraggiamento dell’autonomia. Questo consente al bambino di esplorare, imparare e svilupparsi in modo appropriato, acquisendo le competenze necessarie per affrontare le sfide della vita. 

Non di rado, i genitori adottano un atteggiamento iperprotettivo e dedicano al proprio figlio un’eccessiva attenzione al fine di mantenere uno stato di fusione con lui, limitando così la sua socializzazione e la sua apertura al mondo e idealizzando un rapporto distante dalla realtà. In queste situazioni, il genitore tende a prendersi cura del figlio come se fosse ancora nella fase di sviluppo 

precedente, anziché considerare le sue attuali fasi evolutive. Di conseguenza, il bambino tende ad assumere un atteggiamento immaturo rispetto al proprio stadio di sviluppo. In alcuni casi, può svilupparsi una tendenza opposta, in cui il bambino assume un comportamento più maturo. Ad esempio, ciò può accadere quando i genitori spingono le figlie a sfilare in passerella, potenzialmente instillando in loro un’idea distorta di competizione (Nuzzolese & Lungo, 2021, pp. 59). 

Gli indicatori di rischio associati alla discuria sono i seguenti: 

  1. I genitori presentano un disturbo dell’empatia che impedisce loro di percepire adeguatamente i bisogni dei propri figli. 
  2. I bambini non vengono percepiti come soggetti autonomi e separati con idee, emozioni, bisogni diversi rispetto a quelli dei genitori.
  3. I genitori sono ignari della violenza che stanno esercitando e spesso pensano di agire per il bene del figlio.
  4. Il bambino può presentare difficoltà di apprendimento e di socializzazione.

Incuria 

Con il termine “incuria” si fa riferimento a una carenza di cure, che risultano insufficienti rispetto alle necessità fisiche ed emotive del bambino. L’abbandono, ad esempio, rappresenta un caso estremo di incuria. In alcuni casi, come quando vengono somministrate cure dolorose o tossiche per il bambino, e quando c’è un pericolo per la sua vita, ci si trova in una zona eticamente e culturalmente molto dibattuta che coinvolge le convinzioni personali dell’adulto e il potere discrezionale del genitore nei confronti del figlio. 

Per quanto riguarda gli effetti di questi “abusi omissivi”, i traumi causati da carenze più o meno gravi da parte del caregiver possono essere altrettanto insidiosi di quelli derivanti da altri tipi di abuso o violenza. La ricerca interdisciplinare ci informa che esiste un complesso e importante legame eziopatogenetico tra relazioni di attaccamento disturbate (Fonagy, 1997, come citato in Guidetti, 2016), deviazioni o alterazioni patologiche, anche molto precoci, nello sviluppo delle strutture cerebrali coinvolte nelle funzioni di gestione dello stress (con un’alterazione dei meccanismi di omeostasi e una conseguente vulnerabilità neurofisiologica) e lo sviluppo futuro di psicopatologia nella vita del bambino (Schore, 2001, come citato in Guidetti, 2016). 

Esistono diverse forme di incuria che possono essere individuate: 

  •  Nell’incuria fisica, i genitori o i responsabili non forniscono adeguatamente cibo, abbigliamento, una casa sicura, supervisione e protezione da potenziali pericoli al bambino. 
  • Nell’incuria emotiva, i genitori o i responsabili non offrono un adeguato affetto, amore o sostegno emotivo al bambino. Questo può manifestarsi attraverso l’ignoranza, il rifiuto o l’impedimento del bambino di interagire con altri bambini o adulti.
  • L’incuria medica si verifica quando i genitori o i responsabili non forniscono al bambino le cure adeguate, come il trattamento di lesioni o disturbi fisici o mentali. Possono ritardare i trattamenti sanitari quando il bambino è malato, esponendolo al rischio di malattie più gravi, persino la morte.
  • L’incuria educativa si verifica quando i genitori o i responsabili non iscrivono il bambino a scuola o non si assicurano che il bambino frequenti una scuola convenzionale, come una scuola pubblica o privata, o non gli forniscono un’istruzione adeguata a casa.

L’incuria si differenzia dall’abuso poiché, nella prima, i genitori e i responsabili generalmente non hanno l’intenzione di nuocere al bambino affidato alle loro cure. 

Solitamente, l’incuria è il risultato di una combinazione di fattori, tra cui un’attitudine genitoriale insufficiente, una scarsa capacità di gestire lo stress, dinamiche familiari poco solide e circostanze di vita complesse. Spesso si riscontra nelle famiglie che affrontano difficoltà finanziarie e ambientali, specialmente quando i genitori sono affetti da disturbi di salute mentale non trattati, come la depressione, il disturbo bipolare o la schizofrenia, o hanno problemi di dipendenza da sostanze o limitate capacità cognitive. I bambini cresciuti da un solo genitore possono essere particolarmente a rischio di incuria a causa di un reddito basso e di una mancanza di risorse a disposizione. Indicatori di rischio associati all’incuria sono ben rappresentati dai seguenti segni fisici sul bambino: vestiti inadeguati al sesso, all’età, alla stagione; scarsa igiene e dermatiti; denutrizione. 

Ipercuria 

In questo paragrafo viene affrontato il caso in cui il bambino riceve cure eccessive o distorte rispetto al suo reale stato fisico, con un’eccessiva medicalizzazione che risulta inadeguata e dannosa. Questa condizione è nota come ipercuria e si basa su un’idea irrealistica del bambino e dei suoi bisogni. Riconoscere tale condizione non è un compito facile, poiché è difficile distinguere tra situazioni di normale preoccupazione per la salute del figlio e un eccesso di attenzione che può trasformarsi in un comportamento patologico. 

La sindrome di Münchausen per procura rappresenta la forma più grave di ipercuria.

Tuttavia, tale sindrome non è più inclusa nel DSM-5 in quanto risulta difficile da identificare e collocare all’interno di una specifica categoria diagnostica. L’incidenza di questa sindrome è di 0,4 su 100.000 nella fascia di età compresa tra i 2 e i 16 anni e di 2 su 100.000 nell’età inferiore a 1 anno (Nuzzolese & Lungo, 2021, pp. 61-63). Nella sindrome di Münchausen per procura non si riscontrano differenze di genere tra le vittime di maltrattamento, e solitamente è la madre ad essere l’autore dell’abuso. Il soggetto affetto da tale disturbo provoca gravi danni fisici e psicologici al bambino al fine di simulare sintomi fittizi, attirare l’attenzione del personale sanitario e sottoporre il minore a inutili accertamenti e cure. Il periodo che trascorre dall’inizio dei comportamenti patologici fino alla diagnosi della sindrome di Münchausen per procura è di 21,8 mesi (ibidem). 

Le patologie causate al minore in caso di ipercuria possono variare, ma i sintomi più riportati sono:

  • diarrea
  • disturbi dell’alimentazione
  • apnea
  • cianosi
  • crisi convulsive
  • asma
  • allergie
  • febbre
  • dolori
  • infezioni
  • sanguinamenti.

Inoltre, di frequente il genitore possiede delle nozioni mediche e questo rende più difficoltoso il riconoscimento della simulazione.

Il genitore può manipolare i risultati dei test biologici del figlio, provocare sanguinamenti artificiali negli orifizi naturali del bambino per  simulare emorragie e può persino ricorrere a comportamenti lesivi, come il soffocamento.

Il genitore compie tali azioni non per avversione nei confronti del bambino, ma perché cerca disperatamente di attirare l’attenzione degli altri sul piccolo.

Come dimostrato da Bowlby, i bambini desiderano mantenere la vicinanza del caregiver anche in situazioni paradossali, ed è per questo che il bambino è incline a simulare la malattia per continuare a ricevere attenzioni dalla madre o per sottomettersi ad essa. Il bambino che viene trattato in questo modo sviluppa una percezione distorta del proprio corpo, e tale contesto aumenta il rischio di sviluppare disturbi psicotici in futuro (Nuzzolese & Lungo, 2021, pp. 61-63). 

Di seguito vengono elencati le caratteristiche tipiche degli individui che soffrono di tale sindrome, ossia gli indicatori di rischio associati alla sindrome di Münchausen per procura: 

  1. Conoscenze o esperienza nel campo sanitario. 
  2. Solitamente si tratta di una donna sposata, ma il marito è una figura debole o assente.
  3. Richiesta frequente di ricoveri e suggerimento ripetuto di esami diagnostici.
  4. Tendenza a sviluppare rapporti amichevoli con il personale sanitario.
  5. Storia di problemi psichiatrici, spesso correlati a disturbi della condotta alimentare.
  6. Difficoltà a separarsi dal figlio.
  7. Tentativo anomalo di fuggire attraverso l’abuso del minore.
  8. Infelicità coniugale o stress nella propria vita.
  9. Derivazione di piacere dalla manipolazione dello staff medico e da alcuni aspetti della medicina.
  10. Storia di trascuratezza genitoriale (Nuzzolese & Lungo, 2021, pp. 61-63).

Abuso chimico nell’infanzia

Infine, l’abuso chimico è un’altra forma di ipercuria e si riferisce alla somministrazione inappropriata di sostanze farmacologiche o chimiche a un bambino. Queste sostanze possono essere farmaci veri e propri o sostanze apparentemente innocue, come acqua o sale da cucina. Tuttavia, se somministrate in dosi eccessive, possono causare danni alla salute fisica e psicologica del bambino. La sindrome di abuso chimico deve essere considerata quando si osservano sintomi che non possono essere facilmente spiegati con gli esami strumentali e di laboratorio tradizionali e che si manifestano ogni volta che la madre entra in contatto con il bambino (Nuzzolese & Lungo, 2021, pp. 63). 

Riconoscere gli studenti a rischio: una visione d’insieme 

La scuola rappresenta uno dei contesti più significativi per i minori, indipendentemente dalla loro età, poiché trascorrono molti anni e molto tempo all’interno di questo ambiente. Gli insegnanti, e anche tutto il corpo docente, diventano pertanto un elemento cruciale nella vita dei minori. Oggi la scuola non viene più considerata solo come un luogo in cui i bambini acquisiscono conoscenze tramite un curriculum scolastico, ma viene riconosciuta anche come un ambiente fondamentale per lo sviluppo psicologico dei ragazzi. Gli insegnanti devono quindi impegnarsi nel riconoscere se il percorso di sviluppo di uno studente sia tipico o atipico. 

Nell’ambito dei servizi scolastici e educativi è fondamentale creare le condizioni affinché il bambino si senta accettato e supportato nel comunicare le proprie emozioni e difficoltà agli adulti.

Ciò può accadere soltanto in un contesto caratterizzato da affettività ed empatia, e soprattutto all’interno di una relazione di fiducia che permetta al bambino di aprirsi. 

Solo considerando tali aspetti è possibile utilizzare, nel processo di osservazione, strumenti di valutazione basati su indicatori che devono essere correlati ad altri elementi osservabili, nonché alle informazioni fornite da altri operatori, all’interno di una valutazione globale multidisciplinare. 

In questa prospettiva, gli indicatori riportati nei paragrafi precedenti, associati a molteplici forme di abuso, rappresentano un’evidenza di una significativa possibilità di danni alla vita o alla salute psico-fisica del bambino, di un disturbo nel suo sviluppo o di altri risultati patologici. Gli insegnanti hanno un ruolo cruciale nell’individuare tali indicatori e nel fornire protezione e assistenza ai bambini vittime di abuso. Essi devono porsi in prima linea nell’identificare segnali di malessere o comportamenti anomali nei loro studenti, che potrebbero essere indicativi di un’esperienza di abuso o maltrattamento. 

Quando un insegnante sospetta o riceve segnalazioni di abuso, è fondamentale che agisca tempestivamente e in modo appropriato.

La priorità principale è garantire la sicurezza e il benessere del bambino coinvolto, stabilendo un ambiente sicuro e protetto in cui il bambino possa sentirsi a suo agio per condividere le sue esperienze e le sue emozioni. Questo può richiedere un ascolto attento e rispettoso, nonché la creazione di un clima di fiducia e riservatezza. Una volta che le preoccupazioni sono state sollevate, gli insegnanti devono collaborare con altri professionisti, come assistenti sociali, consulenti scolastici o personale sanitario, per valutare la situazione e pianificare gli interventi necessari. Questa collaborazione multidisciplinare è essenziale per garantire una valutazione accurata e un supporto adeguato al bambino e alla sua famiglia. 

Basandoci su questi presupposti, verrà fornito di seguito un quadro d’insieme generale, non specifico per una forma d’abuso, bensì relativo ai segnali aspecifici di allarme da tenere in considerazione. Tali segnali potrebbero indicare il vissuto di un abuso. 

I segnali iniziali, ma anche quelli più facilmente identificabili, riguardano principalmente gli aspetti fisici.

Gli studenti potrebbero presentare lesioni non spiegabili come cicatrici, lividi, graffi e fratture ossee. Altri segnali sono meno evidenti, ad esempio possono mostrare timore o allerta improvvisa di fronte a situazioni impreviste. Alcuni studenti vittime di abuso sembrano temere di tornare a casa e riportano spesso disturbi come mal di stomaco, dolori addominali o mal di testa senza una causa apparente. Potrebbero anche cercare di nascondere segni evidenti, come lividi, indossando abiti che coprono le parti del corpo interessate, come felpe oversize. Inoltre, potrebbero mostrare riluttanza a spogliarsi negli spogliatoi prima di svolgere attività fisica. 

Ci sono anche segnali di natura emotiva. I bambini e i ragazzi vittime di abuso tendono a manifestare improvvisi cambiamenti comportamentali, mostrando un comportamento più aggressivo in classe, una mancanza di interesse evidente e una diminuzione improvvisa delle prestazioni scolastiche, come voti più bassi o assenze più frequenti. Possono mostrare agitazione e iperattività. Inoltre, sembrano perdere fiducia in se stessi e la loro autostima diminuisce, possono isolarsi socialmente. In alcuni casi, cercano un maggiore riconoscimento o affetto.

Il loro sviluppo emotivo appare inappropriato o ritardato rispetto alle tappe di sviluppo tipiche e potrebbe manifestarsi una regressione in questo ambito.

Potrebbero anche mostrare comportamenti dannosi o autodistruttivi, come autolesionismo, o presentare segni di abuso di sostanze. Alcuni possono manifestare tendenze criminali, come il furto. 

Nel caso in cui l’abuso avvenga all’interno del contesto familiare, ci sono ulteriori segnali di allarme da considerare. Il bambino potrebbe mostrare un livello di igiene scadente e i genitori sembrano dimostrare una mancanza di interesse per il benessere del figlio, utilizzando un linguaggio duro e denigratorio nei suoi confronti. Potrebbero essere posti sul bambino aspettative irrealistiche. Inoltre, i bambini potrebbero essere educati con metodi di disciplina fisica rigidi e severi. Potrebbero evitare le attività ricreative con i compagni di classe, saltare i pasti e spesso non essere provvisti del materiale essenziale per un’adeguata istruzione. I bambini sembrano provare timore nei confronti dei loro caregiver e possono manifestare riluttanza nel tornare a casa dopo la scuola. 

In conclusione, la sensibilità degli insegnanti, la loro prontezza nel rispondere a tali segnali di allarme e la loro collaborazione con altri professionisti sono fondamentali per garantire il benessere e la protezione dei bambini coinvolti. 

Approfondimento: le neuroscienze a sostegno delle conseguenze negative dell’abuso 

Numerose ricerche forniscono evidenze sugli effetti dei traumi sulla salute mentale dei bambini, sullo sviluppo delle strutture citoarchitettoniche e sull’organizzazione funzionale del sistema nervoso (Cuijpers et al., 2011; Kessler et al., 2010; Dunn & McLaughlin, 2013 citati in Guidetti, 2016). 

In particolare, l’abuso infantile ha conseguenze negative sulle traiettorie di sviluppo, sulla salute mentale a medio e lungo termine, con impatti negativi che possono persistere fino all’età adulta. Si osservano modificazioni significative a livello neurobiologico, ritardi cognitivi e comportamenti disfunzionali come l’aggressività, il disturbo di condotta e l’abuso di sostanze. 

Studi longitudinali dimostrano che l’abuso infantile rappresenta un serio fattore di rischio per lo sviluppo di molteplici forme di psicopatologia in età adulta, influenzando aspetti più complessi del comportamento, del funzionamento psicobiologico e psicologico globale delle vittime (Putnam & Trickett, 1997; Busso et al., 2017). 

Quando si affronta il tema degli abusi, uno degli elementi che più di frequente emerge è lo stress.

Dal punto di vista neuroscientifico, lo stress è correlato a un sistema neuroendocrino noto come asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA).

Questo asse funge da coordinatore centrale dei sistemi di risposta neuroendocrina allo stress. In breve, in seguito all’esposizione allo stress, l’asse HPA si attiva e produce un ormone dello stress chiamato cortisolo. Il cortisolo aiuta l’individuo a fronteggiare in modo adattivo le situazioni stressanti. Allo stesso tempo, altri circuiti cerebrali modulano l’attività dell’asse HPA.

Tuttavia, in situazioni di stress prolungato e ripetuto, come nel caso degli abusi cronici, l’asse HPA può malfunzionare.

Questo malfunzionamento predispone all’insorgenza di  varie forme di psicopatologia. Ad esempio, alterazioni del funzionamento dell’asse HPA sono riscontrate nei pazienti affetti da depressione o Disturbo Post-Traumatico da Stress. 

Questo rappresenta uno dei meccanismi attraverso cui gli abusi predispongono all’insorgenza di future forme di psicopatologia. Difatti, è stato dimostrato che gli adulti che hanno subito abusi sessuali durante l’infanzia presentano un rischio aumentato di disturbo depressivo maggiore (MDD) e disturbo da stress post-traumatico (PTSD), come conseguenza di un malfunzionamento dell’asse HPA (Hulme, 2011). Infine, sono state anche osservate evidenze di un’associazione tra maltrattamento infantile e alterazioni del sistema immunitario, che possono portare a un aumento dell’incidenza di stati infiammatori (Danese et al., 2011; Slopen et al., 2010; Moffit et al., 2013 citati in Guidetti, 2016). 

Bibliografia sull’abuso

Al Odhayani, A., Watson, W. J., & Watson, L. (2013). Behavioural consequences of child abuse. Canadian family physician, 59(8), 831-836. 

American Psychiatric Association. (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-5. Milano: Raffaello Cortina (Lavoro originale pubblicato nel 2013). 

Busso, D. S., McLaughlin, K. A., Brueck, S., Peverill, M., Gold, A. L., & Sheridan, M. A. (2017). Child abuse, neural structure, and adolescent psychopathology: a longitudinal study. Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry, 56(4), 321-328. 

Cuijpers, P., Geraedts, AS., van Oppen, P., Andersson, G., Markowitz, JC., & van Straten, A. (2011). Interpersonal psychotherapy for depression: a meta-analysis. Am J Psychiatry. Jun;168(6):581-92. 

Danese, A., Caspi, A., Williams, B., Ambler, A., Sugden, K., Mika, J., Werts, H., Freeman, J., Pariante, CM., Moffitt, TE, Arseneault, L. (2011). Biological embedding of stress through inflammation processes in childhood. Mol Psychiatry. Mar;16(3):244-6. 

Dunn, EC., McLaughlin, KA., Slopen, N., Rosand, J., Smoller, JW. (2013). Developmental timing of child maltreatment and symptoms of depression and suicidal ideation in young adulthood: results from the National Longitudinal Study of Adolescent Health. Depress Anxiety. Oct;30(10):955-64. 

Finkelhor D, & Browne A. (1985). The traumatic impact of child sexual abuse: a conceptualization. Am J Orthopsychiatry. Oct;55(4):530-541. 

Ricerche sull’abuso

Finkelhor, D., & Browne, A. (1988). Assessing the long-term impact of child sexual abuse: A review and conceptualization. In G. T. Hotaling, D. Finkelhor, J. T. Kirkpatrick, & M. A. Straus (Eds.), Family abuse and its consequences: New directions in research (pp. 270–284). Sage Publications, Inc. 

Finkelhor, D. (1990). Early and long-term effects of child sexual abuse: An update. Professional Psychology: Research and Practice, 21(5), 325–330. 

Finkelhor, D. (1994). The international epidemiology of child sexual abuse. Child Abuse Negl. May;18(5):409-17. 

Guidetti, V. (2016). Fondamenti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Bologna: Il Mulino. 

Hulme, P. A. (2011). Childhood sexual abuse, HPA axis regulation, and mental health: an integrative review. Western Journal of Nursing Research, 33(8), 1069-1097. 

Pubblicazioni sull’abuso

Kessler, RC., McLaughlin, KA., Green, JG., Gruber, MJ., Sampson, NA., Zaslavsky, AM., Aguilar-Gaxiola, S., Alhamzawi, AO., Alonso, J., Angermeyer, M., Benjet, C., Bromet, E., Chatterji, S., de Girolamo, G., Demyttenaere, K., Fayyad, J., Florescu, S., Gal, G., Gureje, O., Haro, JM., Hu CY., Karam, EG., Kawakami, N., Lee, S., Lépine, JP., Ormel, J., Posada-Villa, J., Sagar, R., Tsang, A., Ustün, TB., Vassilev, S., Viana, MC., & Williams, DR. (2010 ). Childhood adversities and adult psychopathology in the WHO World Mental Health Surveys. Br J Psychiatry. Nov;197(5):378-85. 

Legrand, R., Wakefield, H., & Underwager, R. (1989). Alleged behavioral indicators of sexual abuse. Issues in Child Abuse Accusations, 1(2), 1-5. 

Maguire, S. (2008). Bruising as an indicator of child abuse: when should I be concerned?. paediaTricS and child healTh, 18(12), 545-549. 

Moffitt, T. (2013). Childhood exposure to violence and lifelong health: Clinical intervention science and stress-biology research join forces. Development and Psychopathology, 25(4pt2), 1619-1634. 

Altra bibliografia sull’abuso

Nuzzolese, E. & Lungo, M. (2021). La trascuratezza dentale e il maltrattamento all’infanzia. Bologna: Società Editrice Esculapio. 

Putnam, F. W., & Trickett, P. K. (1997). Psychobiological effects of sexual abuse. A longitudinal study. 

Slopen, N., Fitzmaurice, G., Williams, DR., & Gilman, SE. (2010). Poverty, food insecurity, and the behavior for childhood internalizing and externalizing disorders. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. May;49(5):444-52. 

Stoltenborgh, M., Bakermans-Kranenburg, MJ, & van Ijzendoorn, MH. (2013). The neglect of child neglect: a meta-analytic review of the prevalence of neglect. Soc Psychiatry Psychiatr Epidemiol. Mar;48(3):345-55. 

Stoltenborgh, M., van Ijzendoorn, MH., Euser, EM., & Bakermans-Kranenburg, MJ. (2011). A global perspective on child sexual abuse: meta-analysis of prevalence around the world. Child Maltreat. May;16(2):79-101. 

Sitografia sull’abuso

https://www.nationwidechildrens.org/conditions/physical-abuse-trauma 

https://www.nspcc.org.uk/what-is-child-abuse/types-of-abuse/emotional-abuse/ 

https://endcan.org/2022/03/30/how-teachers-can-recognize-the-signs/ 

https://www.tedbakerlaw.com/teacher-abuse-virtual-learning/ 

https://www.istitutobeck.com/via-neuroendocrina-trauma 

Come riconoscere gli abusi

Questo articolo è parte del Progetto Erasmus+ “Child Safety Matters” approvato dalla Commissione Europea ed è scritto da Mariella Segreti. La Commissione Europea non può essere ritenuta responsabile del contenuto dell’articolo. Questo articolo non è sostitutivo di consulto medico o psicologico. Consulta sempre il medico o lo psicologo per un supporto.

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